Coro musicale platonico

Corretto orientamento verso i piaceri ed i dolori è secondo il filosofo Platone (427-347 a.C.) la base per un'educazione opportuna dei giovani che per indole sono portati a muoversi in continuazione ed emettere ogni sorta di suono; quindi queste inclinazioni naturali dovrebbero essere guidate in cori che appunto consistono di unione di danza e canto, educando a giusti ritmi ed armonie che possano essere anche piacevoli. Rimane da capire cosa possa essere veramente piacevole e se sia veramente bello ciò che è bello e viceversa brutto ciò che è brutto; infatti, solo il giovane dotato di un'accurata educazione potrà comprendere se la musica è melodiosa ed armoniosa, le movenze ben ritmate e se il coro possa rappresentare delle virtù o dei vizi. Nella fondazione di uno stato di tipo "ideale" bisognerebbe insegnare belle movenze e canti armoniosi che sarebbero, in realtà, praticamente sempre gli stessi sin dall'antichità.

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Musica educativa platonica

L'educazione accurata dei giovani secondo Platone (427-347 a.C) è fondamentale per costruire uno stato di tipo ideale e quindi bisognerebbe esercitarsi con musica, danze, cori che sono unione di canto e danza, ma queste arti non devono essere basate sul piacere, sulla mimesi della realtà ingannevole dei sensi e mirare soprattutto a fini educativi. La costruzione di questo stato "utopico" è uno degli obiettivi del filosofo ateniese, che cercherà per gran parte della vita di raggiungere rischiando anche la vita, e la Giustizia ed il Sommo Bene sono le vere fondamenta su cui si reggono tutta una serie di leggi che regolano la convivenza dei cittadini in modo armonico e musicale. Molte delle indicazioni fornite nei dialoghi platonici riguardo a queste serie di norme variano a seconda della fase speculativa raggiunta e nell'ultima fase della vita del filosofo pare siano state ordinate e trascritte, in realtà, da un suo discepolo.

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La bellezza platonica nell'arte

L'arte essendo imitazione del mondo sensibile e completamente immersa nella natura corporea secondo il filosofo Platone (427-347 a.C) è diseducativa e quasi un ostacolo all'elevazione morale; infatti, da un componimento poetico, musicale o in un dipinto risulta la realtà ingannevole dei sensi che sono organi dell'opinione e quindi molto distanti dal vero. Quando si guarda un dipinto o si sente un motivo musicale si rimane attratti da una bellezza che non è la vera realtà, ma richiama ad un ideale di Bello invisibile dai sensi mortali che può essere come "intuito" per il suo splendore e luminosità da una vista allenata dalla filosofia. Successivamente il discepolo Aristotele, con aspetti più legati al materiale, individuò nelle arti delle potenzialità catartiche di purificazione tramite il dolore, valori positivi in parte già descritti nei dialoghi platonici ma solo se depurati dalla retorica che di solito abbonda in queste opere di fantasia.

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Leggende musicali platoniche

Da un passo di un dialogo platonico potrebbe derivare quel tipo di leggenda che descrive i Liguri come amanti del bel canto; infatti, il filosofo Platone (427-347 a.C.) per spiegare scherzando la falsità che si nasconde nei discorsi retorici gioca sull'assonanza fra il termine che descrive la voce melodiosa delle Muse e la stirpe dei Liguri, e quindi utilizza nel testo una specie di tecnica musicale attraverso una scelta particolare dei termini greci. Nella scenetta letteraria di fantasia, Socrate (interprete usuale dei dialoghi e quasi costretto dall'interlocutore) prima di invocare le Muse si copre il capo per non doversi vergognare e trovarsi in imbarazzo dal momento che imiterà il modo falso di esprimersi dei retori, ma subito dopo ritratta il discorso pronunciato con una palinodia che ricorre al mito dei cosiddetti uomini "cicala" e alla filosofia come unica arte utile per comporre discorsi veramente realistici.

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Voce musicale platonica

La voce secondo il filosofo Platone (427 - 347 a.C) è una ed allo stesso tempo infinita formata da lettere dell'alfabeto che si possono comprendere per la loro intensità e qualità, ma di cui non conosciamo l'unità e l'infinitezza dal momento che in ciascuna cosa vi sono infinite molteplicità ed è possibile scorgervi all'interno il numero (concetto probabilmente di derivazione pitagorica). Stabilito di poter riconoscere ad orecchio un tono grave, da uno acuto o uno medio bisognerebbe riconoscere anche gli intervalli che li contraddistinguono collegati al numero e i loro vari rapporti che gli antichi studiosi di musica chiamarono "armonie", e poi gli stessi movimenti del corpo umano possono essere assimilati a questi rapporti e misurati con numeri, che in questo caso chiameremo "ritmi" e "metri". Per comprendere una determinata unità musicale non si deve guardare alla natura dell'infinito, ma ad un intervallo numerico e viceversa dal numero fino alla molteplicità.

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I rapporti musicali pitagorici

Confrontando i suoni emessi da diversi monocordi e regolando opportunamente i ponticelli mobili ed i pesi che tendevano le corde Pitagora (570 - 497 a.C. circa) riuscì ad individuare i rapporti musicali o criteri di consonanza che dovevano rispettare un ordine matematico universale e che rispecchiavano la bellezza e la perfezione della natura; infatti, per i pitagorici la musica aveva una funzione quasi religiosa. La scala pitagorica era contraddistinta da intervalli di ottava e quinta perfetta (1 - 9/8 - 81/64 - 4/3 - 3/2 - 27/16 - 243/128 - 2/1) che all'orecchio "moderno" potrebbero sembrare dissonanti, ma Pitagora rispettava l'armonia matematica e numerica più della sensazione data dai suoni all'udito. Da notare che la scala diatonica pitagorica fu adottata fino al Seicento o almeno fino al momento in cui Gioseffo Zarlino da Chioggia (anche in polemica con Vincenzo Galilei) propose delle modifiche di "giusta" intonazione.

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Gli artisti e l'arte platonica

L'arte per essere realmente educativa dovrebbe essere non solo piacevole ma anche utile e corrispondere ad ideali di bene e virtù che secondo Platone (427 - 347 a.C.) possono appartenere solo alla filosofia; infatti, l'artista imita la realtà sensibile che non è la vera realtà e quindi rappresenta solo l'inganno dei sensi, e poi essendo l'arte imitazione di un mondo ideale è distante tre gradi dalla realtà (in pratica copia della copia). L'inganno diseducativo dell'arte aumenta se l'artista nelle sue opere giocando con la sua visione personale del mondo sensibile minaccia anche l'armonia della realtà, di conseguenza la bellezza dell'arte dovrebbe corrispondere quanto più possibile al vero che si nasconde sotto l'errata percezione dei sensi, ad esempio quando si declama un componimento poetico, musicale oppure si dipinge un oggetto di cui non si ha una conoscenza diretta se non lo si fabbrica con le proprie mani.

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La scala musicale pitagorica

I pitagorici misero in rapporto le consonanze musicali ottenibili dalla variazione della lunghezza delle corde, giungendo a stabilire una scala musicale o "gamma di Pitagora" che riportava i suoni di una successione di quinte giuste naturali (Fa, Do, Sol, Re, La, Mi, Si) nell'intervallo di un'ottava, dal momento che i rapporti numerici fra i vari suoni costituivano l'armonia su cui si basava la loro teoria musicale. Pitagora (571 - 497 a.C. circa) è considerato da alcuni come fondatore dell'acustica, intesa più in senso filosofico che musicale grazie alla sua funzione educatrice e purificatrice, al ritmo e all'armonia che conduce a quel tipo di bellezza universale che derivava dalla struttura stessa della musica riconducibile a numeri. Queste proprietà armoniche positive risultavano anche dai rapporti che intercorrevano fra i suoni separati da un intervallo di ottava, di quinta e di quarta che si ripetevano all'infinito nella scala musicale.

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La purificazione musicale pitagorica

I pitagorici studiavano la musica non solo per fini matematici ma anche a fini educativi perché secondo la loro filosofia aveva una funzione "purificatrice" dello spirito avvicinando grazie alla corrispondenza matematica fra suoni, accordi e numeri a valori universali; inoltre, la presenza o l'assenza di precisi rapporti numerici era il criterio di discernimento nel complesso delle qualità uditive. La musica doveva essere ricondotta a numero che è inteso come sostanza delle cose e quindi forza generatrice dei suoni e alla base dell'armonia musicale con funzioni positive anche per l'organismo umano. Da notare che recenti ricerche hanno riscontrato l'attivazione di alcune aree del cervello ascoltando musica gradita con il rilascio di dopamine che rendono euforici, ma probabilmente i pitagorici più dell'effetto delle composizioni musicali (criticate da Platone) studiavano le armonie numeriche ottenibili dai singoli suoni o accordi.

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L'armonia pitagorica

Studiando i rapporti musicali ottenibili suonando il monocorda che era uno strumento quasi matematico più che musicale dal momento che era dotato di una scala graduata e numerose regolazioni, Pitagora (570 - 497 a.C circa) sviluppò la sua teoria di armonia universale basata sui numeri pari ed impari che formerebbero tutto ciò che vi è nella natura e le varie proporzioni che si ottengono suonando la corda rispecchiano quelle che governano il moto degli astri. Questa considerazione riportata anche da diversi autori ha portato all'affermazione di una mirabile armonia celeste quasi come una specie di musica prodotta dal movimento degli astri, le cui orbite dovevano rispettare opportuni intervalli, ritmi e proporzioni derivate sia dai rapporti musicali che da alcuni teoremi matematici che nascondevano nella loro dimostrazione il segreto dei numeri incommensurabili, principio della concezione cosmica di armonia universale.

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